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Tirano è una cittadina di circa 9.000 abitanti, posta sul fondovalle tra bassa e alta Valtellina allo sbocco della valle svizzera di Poschiavo. Secondo alcuni autori, le origini di Tirano sembrano essere romane e il primo nucleo abitativo dovrebbe essere sorto ai piedi del monte Masuccio e si sarebbe esteso fino alla sponda destra del fiume Adda.

Tirano vanta una rilevante presenza di antichi palazzi patrizi quasi tutti ancora posseduti e abitati, spesso solo saltuariamente, dai discendenti delle illustri famiglie originarie.
Vanno citati i seguenti nomi: Parravicini, Torelli, Visconti Venosta, Quadrio, Merizzi, Lambertenghi, Buttafava, Andres, Sertoli Salis. Tutti i palazzi delle famiglie sopra citate si trovano sul lato sinistro del fiume, mentre sul lato destro, in corrispondenza del probabile primo insediamento abitativo, al centro della contrada di S. Giacomo, si trova Palazzo Pievani, l’omonima piazzetta privata e la piccola chiesa di S.Giacomo strutturalmente collegata al palazzo stesso.

 

 

Il palazzo che risale al XII secolo, viene quasi totalmente distrutto da una devastante frana del monte Masuccio. Solo il campanile della chiesetta è risparmiato e ancora oggi, con la sua presenza intatta, testimonia l’origine antichissima di tutta la costruzione originaria.
Il palazzo viene quindi totalmente ricostruito nel 1580. La chiesetta, occupata dai militari durante la grande guerra, verrà poi sconsacrata.

Affacciato sulla piazza, l’edificio si presenta con il suo aspetto austero. Il portale in pietra e il balcone che lo sovrasta, cinto da una ringhiera in ferro battuto di splendida fattura, ne ingentiliscono l’aspetto. Un doccione in ferro battuto a forma di drago si protende dall’incrocio tra le gronde sul lato sinistro del palazzo. Varcato l’antico portone, si accede all’ampio porticato con volte a crociera supportate nella parte centrale da colonne in granito. Il porticato è pavimentato con grandi lastroni in pietra, da esso hanno accesso diretto alcuni appartamenti del piano terreno, mentre un breve corridoio porta ai giardini e ai terreni sul retro, è il "Chioso". Sempre dal porticato, si accede al locale del torchio e alla scala di accesso alle cantine.

 

Sulla sinistra, vicina all’ingresso, una scala in pietra porta agli appartamenti del primo piano dove si trovano ancora oggi ambienti con soffitti decorati con affreschi, una grande sala, la “stüa” interamente foderata in legno, con soffitto a cassettoni e con una grande stufa in laterizio con carica dall’esterno. Infine un grande salotto con pareti dipinte di rosso, le pareti e il soffitto ornati da stucchi bianchi. Una porta di questo salotto permetteva di accedere a una balconata sovrastante l’interno della chiesa, da questa balconata si poteva assistere alle funzioni religiose.

I terreni, citati in precedenza, cintati da un alto muro e coltivati a vigneto si estendevano verso monte sino a un dosso ancora oggi chiamato “cîf dei Grana”. Altri innumerevoli appezzamenti di terreno erano affidati, con contratti di enfiteusi a famiglie di coltivatori che portavano ai proprietari, ogni anno, una piccola parte della produzione: prevalentemente uva, ma anche castagne, grano saraceno, legna, ecc.. I contratti prevedevano la possibilità di riscatto del terreno da parte dei coltivatori. Gli ultimi terreni, quelli di Cologna, furono riscattati nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale.
L’attività principale, sino ai primi anni del ‘900, consisteva  nella produzione e vendita all’ingrosso di vino.

   
         
 
 

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